Laura Pugno a parole
un glossario di Pietro GaglianòACQUA
L’acqua è al centro di gran parte dei progetti di Laura Pugno, nei diversi stati della materia e nei relativi passaggi con i nomi che noi le abbiamo dato (neve, ghiaccio, pioggia, vapore, etc.). L’artista considera l’acqua con un sentimento che accoglie sia l’inquietudine per le crisi climatiche e ambientali di cui il suo movimento è sintomo, sia la compassata osservazione di taglio scientifico fino alla gioia della scoperta per la plasticità, le trasformazioni, le architetture impreviste che l’elemento rivela.
BARICENTRO
La ricerca di Pugno ha un baricentro, un nucleo forte che informa e struttura le declinazioni dei suoi percorsi e degli esiti formali. Questo baricentro è il corpo, il suo corpo, terminale di percezioni, informazioni, sensazioni. Tutte le indagini e le opere di Laura partono dal rapporto tra la sua esistenza fisica e il mondo che la circonda. Il corpo che si muove (e mentre si cammina, si disegna, si fotografa, bisogna tenerlo ben saldo il baricentro), il corpo che immagina di raccontare e plasmare senza vedere, il corpo che inventa stadi della memoria attraverso quello che il corpo sa, il corpo che plasma la materia, che altera il paesaggio con la propria muta presenza, con il peso biologico, con il movimento. È da qui che bisogna partire per comprendere l’arte di Laura Pugno, anche se lo sguardo porta immediatamente all’altro estremo di questa relazione, il paesaggio.
CAMMINARE
Laura Pugno cammina nei luoghi con la stessa disposizione mentale di chi ne scrive o di chi li disegna. Camminare attraverso il paesaggio, lungo i profili delle architetture, consente di conoscerli in modo approfondito e diretto. È un atto conoscitivo che si svolge, infatti, senza mediazione; è un’esperienza totalmente estetica, interpretando il termine etimologicamente, là dove traduce alla lettera il greco ‘aisthanomai’: ‘percepisco attraverso i sensi’. L’arte contemporanea ha una lunga genealogia di camminatori e camminatrici e il più radicale, e prossimo all’esperienza immersiva di Pugno, è Hamish Fulton i cui Walk contestano tanto l’appropriazione del paesaggio quanto la sua concettualizzazione. Camminare quindi trasforma l’idea di paesaggio e può sintetizzarla, oppure no, in un’opera che abbia un altro formato.
CANCELLAZIONE
La cancellazione, per Pugno, esprime la versione volontaria, e quindi umana, culturale, di quello che in natura accade con l’erosione. L’artista la pratica sui materiali, sulle fotografie, con strumenti diversi. A volte è una lametta che sottilmente rimuove la pellicola degli inchiostri fotografici, altre volte è il corpo stesso che, su grandi stampe su alluminio trasformate in irrituali slittini, provoca la cancellazione di parte del paesaggio ritratto, sfregando (o scivolando) su porzioni di quello stesso paesaggio. In tutti questi casi la cancellazione non implica una negazione ma è un atto generativo che si volge all’attesa di cosa resta al termine dell’azione: un altro paesaggio, una nuova visione della realtà nata come un gesto che ricade.
DISEGNO
È un dispositivo di osservazione: ritrarre il mondo circostante, o le sue possibili rappresentazioni, equivale a studiarlo e ad acquisirne i meccanismi. Ogni artista, non importa quale medium abbia scelto per i propri esiti formali, dovrebbe disegnare, non importa quanto riusciti siano i suoi disegni. Il disegno è il microscopio, o l’alambicco, dell’artista. Nel caso di Laura Pugno è anche un linguaggio che descrive e influenza pure quelle opere che dal disegno sono in apparenza remote.
DISTANZA
È tutto lì. Trovare la distanza giusta per osservare le cose nel loro prodursi concatenato, ma non così lontano da perdersi i dettagli.
EROSIONE
Il tempo si rende visibile sulla parte solida del pianeta attraverso la continua azione abrasiva degli agenti naturali. L’erosione, quindi, descrive l’età del mondo e si accelera con l’aumento della velocità dell’invecchiamento. Non è, a differenza della cancellazione, un atto volontario ma in molte sue manifestazioni è la conseguenza dell’impatto antropico.
F
GHIACCIO
Il ghiaccio era lì, a definire se stesso, l’architettura che lo conteneva, le regole della geometria e quelle della fisica. In più evocava disastri ecologici (come lo scioglimento delle banchise polari e dei ghiacciai) ma anche scenari sublimi (ah, i dipinti di Caspar David Friedrich) o eroici esploratori (oh, Ernest Shackleton! Oh, Umberto Nobile). Ma soprattutto il ghiaccio era lì a misurare il tempo e in questo ribadiva la centralità di chi osservava: gli esseri umani, che del tempo sono i soli ad avere una misura intellettuale.
HABITAT
Habitat è un termine più inclusivo di ambiente, e più calzante per cogliere un aspetto centrale nel lavoro di Pugno, perché comprende l’interpretazione di dimensioni artificiali, alterate, immaginarie. Come si sa, viene dal latino ed è la terza persona singolare di ‘habitare’, quindi semplifica il concetto di reciproca appartenenza, temporanea o permanente, tra un soggetto e un sistema che lo accoglie. Che è quello che Laura fa in tutti i sistemi in cui si addentra: li abita in profondità.
INCOMPLETO
È questo glossario, perché la completezza non lascia speranze.
LIMITE
Ogni suo viaggio la porta sempre lì, ad aggirarsi attorno al limite delle cose: un limite avvertito ed esplorato come accesso, come frontiera valicabile e come possibilità di conoscenza.
MONTAGNA
Appartiene da sempre all’orizzonte sensoriale e culturale dell’artista, che è nata nella provincia di Biella e vive e lavora per lo più a Torino. La montagna icona, santuario della natura incontaminata, spia dell’allarme ecologico, luogo dell’identità e della perdita del confine, la montagna arcisimbolo del rapporto tra l’umanità e l’ambiente, tra sfida frontale e rapita contemplazione, la montagna è ancora lì, al centro o sullo sfondo di ogni opera realizzata da Laura Pugno.
NEVE
Con la sua consistenza ambigua, con la plasticità ingannevole, con la moltiplicazione dei significati che si sviluppano attorno alla sua percezione, alle descrizioni, all’analisi scientifica, la neve ha un potere attrattivo per Pugno, al punto di intrecciare un rapporto di consulenza (credo unico caso nel panorama artistico nazionale, e probabilmente non solo) con un nivologo.
ORA
È quando accade l’esperienza dell’arte. Sempre ora. Ed è anche dove accade. Qui e ora.
PAESAGGIO
L’artista lo scorge su tutte le superfici e nella prospettiva di ogni materiale, di ogni assemblaggio: nella casuale combinazione di elementi, nella sedimentazione degli scarti, nel mutare della materia, come quando il ghiaccio si scioglie, come quando la pioggia e il vento dilavano uno stendardo di PVC, in quello che rimane dopo le cancellazioni, le abrasioni, le erosioni, e il paesaggio può essere visibile, sonoro, multisensoriale. Laura Pugno, si potrebbe dire, è un’artista del paesaggio. Un paesaggio inteso anche come esito della pluralità di pressioni, convergenze e interpretazioni che lo trasformano in un prodotto culturale, dunque in una costruzione sociale. Le cancellazioni agite dall’artista sono quindi un tentativo di emancipazione dalle sovrastrutture culturali.
POLVERE
È quasi ovunque, ma soprattutto in un’opera del 2017, depositata su un paesaggio immoto di un interno dopo essere stata abrasa dall’intonaco del muro. La polvere vola dalle pareti su alcune piante e sul pavimento rivelando un’architettura diversa e nuovi paesaggi, questa volta in movimento: quello innevato che ricopre le foglie delle piante d’appartamento, e che viene alterato dal passaggio della presenza umana, e quello sorto come una geografia dall’erosione (o dalla cancellatura) sul muro
Q
RICCI
Inutile provare a negare l’evidenza di questa correlazione tra l’artista e la sua capigliatura.
SINTESI
Arriva sempre, la sintesi. Anche quando il processo creativo dell’artista e quello percettivo ed emotivo di chi fa esperienza dell’opera compiono percorsi lunghi e accidentati, alla fine la sintesi è sempre lì: tra la forma e il pensiero, tra tutto quello che abbiamo pensato e il modo in cui l’artista è riuscita a esprimerlo.
TEMPO
In italiano, come nelle altre lingue romanze, il termine ‘tempo’ descrive sia un significato cronologico sia uno atmosferico (succede analogamente per il francese ‘temps’ o lo spagnolo ‘tiempo’, a differenza di quanto accade per l’inglese, con ‘time’ e ‘weather’, o per il tedesco, con ‘zeit’ e ‘wetter’, o, per fare un altro esempio, con l’islandese con ‘veður’ e ‘tíma’). Può darsi che questo dipenda dalla speciale connessione che ha sempre legato nel mondo mediterraneo il tempo del lavoro – la sua misurazione – alle condizioni climatiche. Nella ricerca di Pugno questa sovrapposizione di lessico e concetto si manifesta in molte opere dove il tempo viene impiegato a osservare quello che il tempo fa, il mutare del tempo.
U
VERTIGINE
È quella che si avverte quando, nell’esperienza delle opere di Laura Pugno, ci si approssima al limite. Talvolta è così ardito il salto, per la mente e per i sensi, da produrre una certa vertigine, come quando le cose si riflettono le une nelle altre, come due specchi, che moltiplicano la realtà. In questa vertigine è assente però la mimesi e non c’è finzione. È la vertigine del possibile.
VISIBILE / VISIBLE
Dalla sovrascrittura delle foto di paesaggi con il Braille agli esperimenti della visualizzazione delle forme attraverso il tatto, passando per le distorsioni ottiche del plexiglass appoggiato su un prato umido di rugiada, il visibile o la sua negazione si dispongono come termini di riferimento per un linguaggio poetico che costeggia il principio del metodo sperimentale della scienza. Dall’altra parte, candida e improvvisa, la cancellazione del visibile (o il suo doppio antinomico, la vertigine dell’invisibile), rimette tutto questo in discussione e riposiziona l’arte di Pugno in una dimensione interrogativa.
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